E’ stato evocato opportunamente il Nouveau Réalisme a proposito dell’opera di Sandra Marcelloni e potrà essere utile prendere avvio dalle parole di Leonardo Nobili per costruire un profilo ermeneutico dell’opera di questa artista che si propone un orizzonte creativo ove la materia non costituisca semplicemente lo strumento che l’artista si dispone a plasmare quanto, piuttosto, la realtà stessa fenomenica con la quale il creativo intende dialogare.
In questo senso e con tali prospettive, che distolgono, evidentemente, il portato critico dalle referenza strettamente stilistica al Nouveau Réalisme, noi pensiamo che si possa rinvenire efficacemente descritta la proposta creativa della nostra artista considerando che, come opportunamente osserva Nobili, “le materie più increspate ed aspre compongono superfici plastiche, creando dei cerchi o delle spirali, quasi surreali ed indefinite, come le inarrestabili onde del mare”.
La consapevole maturata rinuncia alla trascrizione riproduttiva del dato oggettuale non impedisce alla nostra artista di poter affermare la pregnanza fattuale del rapporto organico con le consistenze della natura.
La capacità indagatrice dell’artista, infatti, si protende alla ricerca di una ragione sperimentabile delle cose e questa ragione la individua non certo nella esposizione di strutture formali riconducibili ad un progetto razionalmente costituito, quanto, piuttosto, nella perimetrazione di una opportunità di contatto che è quella verso la quale ci si può dirigere quando con le manifestazioni della natura si intende stabilire una prossimità fertilmente dialogante.
Indiscutibilmente giova all’artista andare alla ricerca di una restituzione plastica delle forme ed in tale indirizzo creativo ella spende le sue migliori energie, producendo opere che si collocano tra la pittura e la scultura, non avendo una normazione prescrittiva la nostra artista come propria linea predittivamente stabilita.
I materiali diventano materia e la materia si esprime in termini di matericità: questa potremmo dire essere in sintesi la processualità creativa cui da corpo la nostra artista ed è evidente quindi che la difficoltà di definire le sue opere prettamente informali trova una sua giustificazione critica.
Dire informale , nel caso dell’opera di Sandra Marcelloni, potrebbe segnare una sorta di limite per la sua disponibilità creativa, che nel misurarsi col dato di natura non intende mai sovrapporre il proprio punto di vista alla natura stessa, scegliendo invece, di proporsi come scrutatrice attenta dei fenomeni che si svolgono e di cui la nostra percezione può avere esperienza reale.
Informale, quindi, vuol dire, per la nostra artista, riconoscere nella sua opera la determinazione a sfuggire alle prescrizioni di una normazione geometricamente stabilita, ma non vuol dire individuare atteggiamenti propositivi slegati da una normazione psicologica e da una sensibilità personale.
Prof. Rosario Pinto
All’amica Sandra
“Un vortice nel suo inconscio”
Quando sono entrato nel suo studio in un antico palazzo di fine settecento, fatiscente, ma affascinante con crepe sul muro lasciate dal tempo e con tubi di ferro e plastica che girano esternamente lungo le pareti, mi sono venuti in mente certi edifici dei “bassi fondi” di Tribeca a New York, quartiere degli artisti, in cui ho lavorato negli anni Novanta.
Sandra Marcelloni è un’ artista di una sensibilità estrema che lavora con materiali poveri come: cartapesta, gesso, colle, assemblando e riordinando gli elementi in un intreccio cromatico, in un “vortice cosmico”, che caratterizza il suo lavoro.
Non a caso divide lo studio con un restauratore di opere di Burri del quale è percepibile una certa influenza nell’utilizzo di certi materiali.
Le materie più increspate ed aspre compongono superfici plastiche, creando dei cerchi o delle spirali, quasi surreali ed infinite, come le inarrestabili onde del mare.
Se il suo linguaggio di recupero dei materiali richiama anche quello di Arman o Cesar del Nouveau Réalisme è pur sempre un linguaggio originale: Sandra Marcelloni ha cercato di contestualizzare l’esigenza plastica con le sue carte incollate creando forme leggere, le stesse che ritrova nella tridimensionalità delle maschere e delle sculture.
Inoltre, ciò che seduce l’artista è l’elemento specchiante, spesso ricorrente nel suo lavoro, attraverso l’utilizzo di specchi che emanano una luce di riflesso e che diventano protagonisti nelle sue “lune” o nei suoi “soli” rossi incandescenti i quali si fondono nella materia.
L’attenzione dell’artista è indirizzata ad una ricerca metodica personale, che porta con sé la fascinazione di un’ intuizione, sviluppata attraverso il suo istinto il quale si esplica soprattutto in quelle maschere che nascondono le sue angosce, i suoi sentimenti che invadono il vortice dell’esistenza.
Ho cercato di interpretare il lavoro di Sandra con l’occhio dell’artista, certe volte più vero e più empatico di qualsiasi altro sguardo critico.
Leonardo Nobili
Tatto, quasi odore, colore intenso, vibrante.
Amalgama di cose trovate, cercate o recuperate che si fondono in immagini dal significato nascosto e tuttavia leggibile e intuibile.
La superficie si inarca, si sgretola, si riveste di scaglie d’oro e d’argento.
Un mondo che vive e si conchiude dentro la cornice sempre studiata ad accogliere ed esaltare l’immagine pittorica.
Sandra è capace di trovare forme e materiali moderni e tuttavia antichi in cui si fondono le culture di mondi diversi; la magia peruviana e la grande tradizione italiana.
Interessantissimi sono i suoi “specchi” concepiti e realizzati con le forme straordinariamente inventate con il rigore progettuale così come esoteriche sono le “maschere” che coprono il viso ma svelano l’anima.
Adriana Galoppi
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